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Genossenschaftsbank, quo vadis?

Alessandro Azzi, der Präsident der nationalen Vereinigung der italienischen Genossenschaftsbanken Federcasse, weilt anlässlich des Raiffeisentags 2015 in Südtirol und spricht im Interview über die Reform des Sektors, über die möglichen Vorteile für Kleinsparer und und lobt die "exzellenten" Strukturen der Raiffeisenorganisation.


Le Banche di Credito Cooperativo (BCC) stanno affrontando un periodo decisivo nella loro storia. Come vede Lei il futuro?

Tutta l’industria bancaria sta attraversando una fase molto particolare con l’avvio dell’Unione bancaria. Ma è evidente che, per il Credito Cooperativo, siamo in presenza di una situazione assolutamente nuova. Alle complessità della crisi economica si sommano le pressioni delle Autorità politiche e di supervisione per disegnare e attuare, in breve tempo, riforme normative, organizzative e di governance che altrove, in altri contesti europei, sono state realizzate in decenni – sia uno strabismo normativo sovranazionale.
Assistiamo ad una forma di strabismo perché, se da un lato, le Autorità riconoscono il ruolo anticiclico delle banche del territorio e con finalità mutualistica, dall’altro la normativa tende ad omologarle alle grandi banche speculative che hanno causato la crisi, pregiudicando la piena applicazione dei principi di proporzionalità, di adeguatezza e di gradualità. Il processo di auto-riforma che stiamo disegnando, e che mi auguro possa vedere a breve la luce, dovrà rafforzare il ruolo storico delle banche cooperative di territorio proprio per renderle più adeguate a sostenere le sfide competitive in atto. E’ un patrimonio che non si deve assolutamente disperdere.

Si salveranno le caratteristiche principali delle Banche di Credito Cooperativo in generale?
E’ assolutamente necessario, questa non è materia negoziabile.  Siamo riusciti ad evitare che il Credito Cooperativo - diversamente da quanto inizialmente previsto – a fine gennaio fosse toccato dal provvedimento d’urgenza del Governo sulle banche cooperative, provvedimento che ha riguardato, come si sa, le sole Banche Popolari. Si è trattato di un’apertura di credito, notevole, da parte dei regolatori e decisori nei confronti della nostra capacità – testata, oramai, molte volte - di auto-normarci, spesso innovando. Il Credito Cooperativo ha quindi deliberato di procedere, in tempi rapidissimi, alla messa a punto e alla condivisione di un progetto di autoriforma. Il nostro intento, la nostra ambizione, è disegnare un percorso nuovo ed originale di integrazione. Da portare - noi - a modello in Europa. La riforma dovrà continuare a valorizzare l’art. 2 dello statuto di ogni BCC, Cassa Rurale, Cassa Raiffeisen. Tutelando e promuovendo il ruolo, unico, delle banche di territorio a mutualità prevalente. L’originalità non si negozia. L’omologazione è improponibile. Il pluralismo è un valore.

Che vantaggi trae il piccolo risparmiatore dalla ristrutturazione del settore del Credito Cooperativo?
Il progetto di autoriforma si svilupperà avendo di fronte sei obbiettivi che intendono, proprio migliorando le potenzialità del sistema, garantire i piccoli risparmiatori, ma non solo. Ricordo infatti che le BCC e Casse Rurali sono banche di elezione di migliaia di famiglie e di piccole e medie imprese.
Li cito in breve:  la conferma del ruolo delle BCC e Casse Rurali come banche cooperative della comunità e dei territori a vocazione mutualistica;  la valorizzazione della dimensione territoriale della rete, semplificandone la filiera organizzativa interna e migliorandone l’efficienza; l’adeguamento della qualità complessiva della governance al nuovo contesto normativo e di mercato dell’Unione Bancaria, per accrescere ulteriormente la qualità del servizio a soci e clienti; l’assicurare una più efficiente allocazione delle risorse patrimoniali disponibili all’interno del sistema; l’individuazione delle migliori modalità per consentire l’accesso di capitali esterni; la capacità di garantire l’unità del sistema come presupposto di competitività nel medio lungo-periodo. Circa l’accesso dei capitali esterni, prenderemo in considerazione solo investitori scelti tra soggetti omologhi o con finalità analoghe, in una logica di partnership e di sviluppo strategico. Non ci interessano “capitali impazienti”, incapaci di entrare in sintonia con la visione «intergenerazionale» del Credito Cooperativo. Un sistema siffatto sarà un sistema ancora più solido,  patrimonialmente sicuro, capace di offrire vantaggi sempre maggiori a soci e clienti.

Come vede Lei la situazione del Gruppo Raiffeisen?
Se considero l’ultimo ventennio, partendo dall’ultima grande riforma legislativa – quella del Testo Unico bancario che abrogava il Testo unico del 1937 -  in 21 anni compiuti di vigenza il Credito Cooperativo, nel suo insieme, ha registrato risultati formidabili: +243% di soci, +101% di dipendenti, +202% di patrimonio, con quote di mercato passate dal 3,4 al 7% per gli impieghi e dal 6 all’8 % per la raccolta.
All’interno di questo percorso, le Casse Raiffeisen dell’Alto Adige, nella propria  specificità, anche grazie alle dinamiche dell’economia locale, hanno sviluppato un sistema di eccellenza, oggi sotto gli occhi di tutti. Un sistema che è stato capace di coniugare autonomia e integrazione, offrendo al Credito Cooperativo, sotto questo punto di vista, l’esempio di come le due cose possano convivere con successo.

Nella realizzazione dell’Unione bancaria europea siamo a metà strada e già adesso le banche stanno subendo un’infinità di regolamenti e direttive. Come valuta Lei questa situazione e quali rischi vede nei persistenti regolamenti dell’attività bancaria?
Ho in parte già risposto prima. Ci troviamo a gestire una alluvione normativa per certi versi gattopardesca e per altri velenosa. Gattopardesca perché il rischio è che “tutto cambi, ma nulla cambi”. Un esempio? Le attività puramente speculative continuano a muovere il 98% dei flussi finanziari globali. Velenosa perché rischia di produrre un impatto sui costi delle piccole banche tale da metterne in pericolo l’equilibrio. Ma quale banca stanno preparando le norme? Quale profilo di banca avremo – per effetto delle norme, ancor prima che per effetto del mercato – da qui a cinque anni? Svolgerà ancora in prevalenza il mestiere di erogatore di credito oppure le norme scoraggeranno sempre più questa indispensabile attività? E non condividiamo l’approccio metodologico della “taglia unica”. Cioè norme uguali per tutte le tipologie di banche. Norme uguali per grandi banche transnazionali quotate in Borsa e per piccole banche con finalità mutualistiche, per banche sature di derivati globali e per banche con portafogli di crediti alle micro e piccole imprese del territorio in cui operano. Il paradosso è che vige l’approccio semplificante e unitario proprio in Europa dove le piccole banche sono la spina dorsale dell’economia.

Interview: Hannes Peintner